Angelo Doneda
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... (Le parole) ... [lu milanese, Antonia, Dario ...]
Ho citato prima alcuni negozi. Vorrei ricordare ora quello di Francì
“lu milanese”. Lui era di Cupra, ma prima della guerra era stato per
qualche tempo a Milano (in un certo senso, dunque, all’estero). Valeva
perciò la pena di identificarlo con quel soprannome, al ritorno dalla
sua inusuale emigrazione. La sua salumeria si trovava dove adesso c’è
un negozio di moda, in piazza Possenti. Lì acquistavamo i salumi ancora
fatti in casa: i salami insaccati ne “lu vedellu culà” e la lonza (deliziosa
scoperta, per noi milanesi) , preparata, però, in modo ben diverso
da quello di oggi. Allora, infatti, la lonza, prima di essere avvoltolata
nella “saccoccia”, era fatta rotolare su un tappeto di pepe nero. Si poteva
rischiare, però, di comprarla rotolata nel peperoncino rosso …
Avendo cominciato a parlare di cibi, non posso non ricordare il piacevolissimo
impatto con i maccheroncini di Campofilone, con i vincisgrassi,
con le olive ascolane, con il coniglio e il pollo cotti, con nostra
meraviglia, nel forno del panettiere sfruttando il calore residuo
dell’infornata di pane, le vongole e il pesce cucinato in modo ben diverso
da quello in uso nella Milano di allora, l’uso sapiente delle erbe
aromatiche …
E così, il ricordo mi porta alla cucina di Antonia, la mamma di Dario
(Vagnoni), situata in uno degli stradini scalinati che scendono da via
Roma alla Nazionale. Antonia era conosciuta come donna che cucinava
molto bene. Il suo locale, dapprima molto modesto, proprio per la
sua abilità divenne “Il Grottino” che suo figlio Dario trasferì, infine, sulla
Nazionale all’angolo con il viale della Stazione. Confesso di ricordare
con nostalgia il pesce cucinato da lei e dalla moglie di Dario.
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