Angelo Doneda
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... (Le parole) ... [arrivo]
Arrivati a Cupra, mia madre ed io sbarcammo dal camion nella Piazza
del Comune. Apparve subito ai miei occhi bella e accogliente, abbracciata
com’è dalla doppia scalinata che sale verso la parrocchiale di San
Basso. Ricordo il carrettino dei cocomeri del ”Moro”, il Bar Commercio
sotto il portico del Comune, il negozio di mercerie di Melania, la farmacia
sull’angolo dove ora c’è il negozio dello Spinosi, che a sua volta
era sulla nazionale fra la piazza e il caffè pasticceria subito prima del
torrente S. Egidio; ricordo l’edicola di fronte alla Chiesa di S. Egidio,
con Annita, la giornalaia, seduta sulla soglia del negozio, intenta a fumare
il toscano, che più che una edicolante sembrava una sacerdotessa
custode del tempio dell’informazione. Non mi ricordo di altri negozi.
Di banche, se non erro, nemmeno l’ombra. La Banca dell’Agricoltura a
fianco del bar, mi sembra arrivata qualche anno dopo. La fontana faceva
la sua bella mostra in una piazza completamente libera da mezzi
a motore. La pizzeria che ora si trova fra la prima e la seconda rampa
della scalinata a sinistra, guardando verso l’alto, non esisteva; era
un’abitazione utilizzata in quel tempo per le ferie dal prof. Giovanni
Bucci con la moglie Anna e il figlio Mario ancora studente universitario.
Per la verità, Mario era custode della casa del cav. Galli a Marà, il paese
alto; la sera, lasciati genitori e amici, saliva alla casa del nonno per
ritornare alla marina la mattina dopo, quando i pescatori delle lampare
erano già risaliti dopo le loro nottate di pesca.
Mi è impossibile non fare cenno a quei marinai. Tutti con le loro marinare,
le tipiche maglie di lana blu che ho voluto indossare anch’io,
qualcuno con il berretto bianco della Marina Militare. Cotti dal sole, la
sera scendevano in gruppo dal paese alto, chi portando i remi, chi le
reti, verso le loro lampare o quelle di Marcantoni. Era bello godersi lo
spettacolo della loro partenza per il mare aperto, dove di notte brillava
la miriade di luci delle tante flottiglie allora operanti davanti alla costa.
La partenza avveniva nel rispetto di un rito che denunciava la sua millenarietà;
con l’aiuto delle donne e di chi restava a terra, le imbarcazioni
dovevano essere rimesse in mare e caricate con il materiale per
la pesca; ogni cosa al suo posto, ordinata in base all’uso che se ne doveva
fare. Poi, i saluti ricchi di frasi scherzose e l’avvio verso il largo.
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